ipoacusia:
si accompagna molto spesso ad
acufeni, quasi sempre bilaterali, a carattere continuo, di natura
molto varia, che in alcuni pazienti divengono col tempo l’handicap
più insopportabile della malattia.
E’ frequente trovare infatti
pazienti che non si lamentano particolarmente dell’ipoacusia, di
cui tra l’altro spesso si accorgono solo in ambiente rumoroso, ma
che poi non disturba in molti casi in modo eccessivo sia la vita di
tutti i giorni che le relazioni sociali; il fastidio maggiore da
essi riferito è provocato dalla presenza degli acufeni, che rendono
difficile addormentarsi, irritano ed esasperano la persona, tanto
da diventare talora il centro psicologico della vita dei
pazienti.
Da molti anni era risaputo che
la protesizzazione acustica spesso riusciva a mitigare gli acufeni
e a renderli sopportabili o a farli scomparire del tutto, risultato
che nessuna terapia farmacologia raggiungeva, se non, magari, per
brevi periodi.
Nel tempo, oltre che farmaci di
ogni tipo (emoreologici, neurotropi, tranquillanti minori e
maggiori, vitamine e integratori, ecc.), sono state proposte
diverse terapie non farmacologiche, tra cui l’elettrostimolazione,
l’uso di laser a bassa frequenza, l’utilizzo di mascheratori sonori
e ultimamente di stimolazioni magnetiche
transcraniche.
Sul finire degli anni ’80 del
secolo scorso il neurofisiologo Jastreboff sviluppò un modello che
concentrava l’attenzione sui meccanismi centrali
dell’acufene.
Tale modello è attualmente il
più accettato, anche grazie alle evidenze della Risonanza Magnetica
Funzionale, soprattutto per gli eclatanti risultati ottenuti in
tutto il mondo applicando la terapia che l’autore ne
derivò.
Jastreboff ipotizzò che,
qualunque fosse la causa iniziale degli acufeni, che egli stesso
ammetteva derivare inizialmente nel 90% dei casi da un meccanismo
di alterazione cocleare, per il loro mantenimento avesse importanza
il sistema nervoso centrale.
Il modello prevede che il punto
focale del problema sia il momento della percezione corticale dello
stimolo e il legame che si viene a creare tra corteccia uditiva e
sistema limbico.
In poche parole l’acufene si
crea a livello della coclea, per meccanismi eccitotossici o per il
mancato controllo della cellule ciliate sull’attività dei neuroni
del ganglio del Corti. Una volta instauratosi un segnale
bioelettrico a livello dell’VIII nervo cranico, questo messaggio
“fantasma” viaggia lungo le vie uditive centrali, trovando un
filtraggio nei nuclei sottocorticali, a partire dai Nuclei Cocleari
del Tronco dell’encefalo. Quando i Nuclei Sottocorticali non
riescono più a sopprimere questo segnale, e spesso ciò avviene in
modo improvviso, in relazione a stress psichici o fisici, il suono
fantasma riesce a raggiungere la corteccia temporale a livello
dell’Area Uditiva primaria. Da qui, esso raggiunge il Sistema
Limbico e in particolare l’Amigdala, nucleo encefalico responsabile
dell’acquisizione dei “segnali di allarme”.
L’acufene in alcuni soggetti
provoca dunque l’innesto di un riflesso condizionato fortemente
connotato sul piano emotivo e dunque un potenziamento riflesso del
segnale a livello corticale. Ecco che l’acufene non solo diventa
persistente, ma provoca man mano un crescente condizionamento sulla
psiche del paziente, che a questo punto inizia a fare dell’acufene
stesso il punto centrale della sua esistenza.
Se questo è il meccanismo di
fondo, Jastreboff si chiese quale potesse essere il sistema più
fisiologico per ridurre e alla fine sopprimere il circuito
instauratosi col Sistema Libico, così da diminuire la percezione
corticale dell’acufene. Da neurofisiologo ritenne utile sfruttare i
meccanismi di “habituation” tipici di tutto il sistema nervoso e
individuò nello stimolo per cui il sistema uditivo è nato, il
suono, quello adeguato all’instaurarsi di una
habituation.
Nacque dunque la “Sound
Therapy”, incentrata sullo scopo di inondare le Vie Uditive
Centrali di suono a livello non mascherante, così da associare
all’acufene uno stimolo che inducesse “habituation” tanto per lo
stimolo stesso, che per l’acufene che percorreva le stesse vie.
Ovviamente, data l’importanza dei meccanismi di stress nella genesi
e nel mantenimento dell’acufene, alla Sound Therapy venne associato
un counseling positivo importante, dato che le terapie psicologiche
erano quelle che anche prima della TRT potevano vantare delle
percentuali di guarigione significativamente superiori rispetto a
qualunque altro metodo e all’uso di placebo
farmacologici.
Le esperienze condotte in tutto
il mondo e dalla fine del secolo anche in Italia hanno validatola
TRT, tanto da farne la terapia con maggiori risultati nel controllo
degli acufeni.
La TRTviene condotta normalmente
da un’equipe che comprende tre figure: il medico, in genere di
estrazione otorinolaringoiatrica, l’audiometrista e
l’audioprotesista, cui si può associare in una seconda fase lo
psicologo o lo psichiatra, ma anche l’osteopata e lo gnatologo, per
quei casi in cui le afferenze propriocettive giocano un ruolo nel
manifestarsi dell’acufene.
E’ importante sottolineare che
tutti i tipi di acufene, qualunque sia la loro origine e qualunque
sia la loro caratteristica fisica e soggettiva, trovano indicazione
nell’utilizzo della TRT, dato che, come detto, qualunque sia
l’origine dell’acufene, esso diventa invariabilmente un fenomeno di
natura centrale e fondamentalmente un problema di
percezione.
Per la classificazione dei
pazienti e lo studio dei risultati viene utilizzato ormai in tutto
il mondo un solo questionario, quello del Tinnitus Handicap
Inventory (THI) di Newman, per monitorare non tanto l’acufene in
sé, quanto l’impatto che l’acufene ha sulla vita del
paziente.
Dopo aver condotto un’anamnesi
mirata con l’utilizzo anche di scale di valutazione analogica
soggettiva, il paziente viene sottoposto agli esami audiologici di
routine, ivi compresi i potenziali evocati uditivi del tronco e le
otoemissioni acustiche, alla acufenometria e alla ricerca delle
curve di mascheramento di Feldmann e ai test di inibizione residua.
Eventualmente possono anche essere svolte indagini
neuroradiologiche per escludere patologie dell’angolo
ponto-cerebellare o del Sistema Nervoso Centrale, anche allo scopo
di tranquillizzare il paziente circa l’assenza di patologie
pericolose “quoad vitam”. Quindi viene effettuato un counseling,
consistente nella ”demitizzazione” dell’acufene: viene spiegata la
genesi dell’acufene e il motivo della sua persistenza, lo scopo
della terapia e il meccanismo attraverso il quale essa interverrà
sui meccanismi che generano l’acufene.
Infine viene proposta la terapia
del suono, consistente nell’utilizzo di tre dispositivi. Il
generatore di suono notturno, i generatori di suono indossabili, la
protesi acustica, eventualmente programmata con l’implementazione
di un generatore di suono, laddove vi sia una ipoacusia
protesizzabile.
Il generatore di suono notturno
è un apparecchio che il paziente deve mettere sul comodino e
utilizzare durante il sonno. Al suo interno sono registrati suoni
sintetizzati riproducenti rumori naturali, quali il canto degli
uccelli, la marea, l’acqua di un ruscello che scorre, il vento, i
grilli, il battito del cuore e il rumore bianco. Eventualmente
questo generatore di suono può essere accoppiato a un “cuscino
sonoro”, contenente due altoparlanti, allo scopo di non disturbare
il partner. Il paziente deve accendere l’apparecchio, scegliere il
suono a lui più gradevole e regolare l’intensità ad un livello
minimo, di modo che nel sonno possa sentire sia il proprio acufene
che il suono prescelto. I generatori di suono indossabili hanno
invece l’aspetto di protesi acustiche e vengono regolati
dall’Audioprotesista al cosiddetto “mixing point”, centrato sulle
frequenze a cavallo della frequenza dell’acufene. Tali generatori
vanno indossati e devono rimanere in funzione per il maggior numero
di ore possibili durante al giornata.
Il terzo tipo di dispositivo
viene consigliato ai pazienti che hanno oltre agli acufeni una
ipoacusia di grado protesizzabile e consiste nell’uso di protesi
acustiche, se possibile con tecnologia open-fitting, affinchè il
condotto uditivo esterno non venga interamente occluso, situazione
che potrebbe addirittura esaltare l’acufene.
Esistono anche protesi
programmabili per funzionare anche da generatori di suono, quando,
dopo qualche mese di utilizzo come semplici protesi, non abbiano
diminuito la percezione dell’acufene.
Secondo la terapia standard,
l’applicazione della TRT deve essere protratta per almeno 18 mesi,
richiamando ogni tre mesi il paziente per effettuare un nuovo
controllo, allo scopo soprattutto di rinforzare il counseling
positivo. E’ comunque esperienza comune di chi effettuala
Terapiache anche il semplice utilizzo del generatore di suono
notturno, senza ricorrere ai generatori indossabili, magari
accoppiato all’uso di protesi open-fitting, laddove vi sia anche un
problema di ipoacusia, risolve nella maggior parte dei casi il
problema degli acufeni in un tempo inferiore ai 10-12
mesi.